Progetto realizzato e curato dall’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma |
Mencio Vincenzo. Fondazione policlinico universitario A.Gemelli IRCCS Covid II: La nostra esperienza. AICO. Organo ufficiale dell'associazione italiana infermieri di camera operatoria 2020;32(1):107–111.
Added by: Sandro Filardi (11/08/2020 11:10:42) Last edited by: Sandro Filardi (11/08/2020 18:52:05) |
Tipo di Risorsa: Articolo di Rivista Chiave di citazione BibTeX: Mencio2020 Invia la risorsa per email ad un amico |
Categorie: Management, Strutture sanitarie Sottocategorie: Aziende ospedaliere, Gestione del personale, Motivazione, Organizzazione del lavoro Autori: Mencio Collezione: AICO. Organo ufficiale dell'associazione italiana infermieri di camera operatoria |
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Allegati |
Abstract |
L’autore in questo articolo ci parla di come si sono organizzati alla Fondazione A.Gemelli in Roma per fronteggiare l’emergenza covid 19. Inizia ricordando una riunione in data 6 marzo 2020 indetta dalla Direzione Sanitaria in condivisione del SITRA che comunicata la data del 16 Marzo per l’apertura di una nuova struttura composta da 59 posti letto di terapia intensiva e 120 posti letto tra sub-intensiva e non. La struttura chiamata “Complesso Integrato Columbus” diventava Ospedale Regionale Covid II. Mentre quasi la totalità degli infermieri della sala operatoria della Columbus veniva mandata in formazione presso le Terapie Intensive della Fondazione Policlinico A.Gemelli, iniziava la trasformazione della struttura con l’arrivo di tantissimi tecnici e operai, ognuno impegnato nel proprio specifico ruolo, ognuno che aveva bisogno di risposte o supporto per le soluzioni trovate. Oltre a dare una valutazione di quello che stava avvenendo era necessario anche prendere delle decisioni per le variazioni e le implementazioni di apparecchiature, fino alle richieste di modifiche anche strutturali, con la trasformazione di 3 ambienti separati, quali la sala operatoria la TIPO e reparto solventi in unica terapia intensiva che attualmente si sviluppa su una superfice ampia e lunga oltre 100 mt, con la creazione di percorsi separati tra sporco e pulito. C’è stato un impegno totale da parte del personale che ha lavorato 14/15 ore al giorno, per arrivare pronti al 16 marzo mattina, accompagnati dalle notizie atroci dei numeri del nord, ma anche dai ricoveri in fondazione con la fila continua di ambulanze fuori del Pronto Soccorso. Oltre alla componente organizzativa e il tentativo di avere a disposizione tutti i dispositivi e i farmaci necessari, c’era la non facile composizione della squadra di lavoro. Si è cercato da subito di dare il massimo della presenza per assicurare e consentire a tutti di avere un punto di riferimento per i molteplici problemi che si sono presentati e per stabilire nell’immediato un piano di lavoro efficace e adeguato alle esigenze assistenziali e tecniche dei pazienti. Dopo circa una settimana dall’apertura c’è stata la necessità di aumentare i posti letto. Dopo la prima fase si è raggiunto nelle ultime settimane un numero di infermieri superiore ai 100 e spesso è difficile riconoscerli se non dagli occhi o per il nome scritto sulla tuta. Dopo un lungo periodo di lotta si aiutano i pazienti che non possono, ad effettuare videochiamate con le proprie famiglie che non vedono da molto tempo. Ed è una bella sensazione. L’autore conclude l’articolo con questa riflessione: alcune lacrime scendono sul viso, si affaccia la speranza di un ritorno alla vita normale, sperando che tutto questo sia presto solo un ricordo impresso nelle nostre conoscenze, nelle nostre coscienze e nei nostri cuori con la fiducia che tutto questo vissuto ci aiuti nell’essere dei migliori professionisti della salute.
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Notes |
Articolo inserito nell’inserto di questo numero: ”Reportage emergenza covid. L’esperienza delle regioni A.I.C.O”.
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