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Letteratura Italiana di Scienze Infermieristiche

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Greco Mario. Il chirurgo e la struttura sanitaria rispondono per i danni causati al paziente dall’impianto di una valvola cardiaca difettosa [rassegna di giurisprudenza]. Mondo sanitario 2019;26(3):31–35. 
Added by: Roberto Accettone (04/03/2020 10:08:45)   Last edited by: Roberto Accettone (04/03/2020 10:43:57)
Tipo di Risorsa: Articolo di Rivista
Chiave di citazione BibTeX: Greco2019f
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Categorie: Etica, Legislazione
Sottocategorie: Malpractice, Sentenze civili
Keywords: Responsabilità civile
Autori: Greco
Collezione: Mondo sanitario
Visualizzazioni: 1/968
Indice di Visite: 34%
Indice di Popolarità: 8.5%
Allegati    
Abstract     
(Trascritto dall’articolo).
Secondo il disposto dell’art. 1218 c.c., il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato dalla impossibilità della prestazione, derivante da causa a lui non imputabile. Pertanto, nel caso di impianto di protesi palesemente inadeguata e/o difettosa, grava sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare la relazione causale che intercorre tra l’evento di danno e l’azione o l’omissione dei convenuti, mentre spetta alla controparte (medico o struttura sanitaria) dimostrare il sopravvenire di un evento imprevedibile ed inevitabile secondo l’ordinaria diligenza che ha impedito l’esatto adempimento. Il medico chirurgo componente, anche se in posizione di minor rilievo, di una équipe operatoria è tenuto pur sempre ad assicurare una partecipazione all’intervento chirurgico non da mero spettatore, ma consapevole e informata, in modo che egli possa dare il suo apporto professionale non solo in relazione alla materiale esecuzione dell’operazione, ma anche in riferimento al rispetto delle regole di diligenza e prudenza ed alla adozione delle particolari precauzioni imposte dalla condizione specifica del paziente che si sta per operare. Il potere discrezionale conferito al giudice del merito di liquidare il danno in via equitativa ex articoli 1226 e 2056 c.c., incrementando le somme dovute a titolo risarcitorio nel caso in questione, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, sempreché la motivazione della decisione dia conto dell’uso di tale facoltà in modo analitico e non stereotipato, vale a dire indicando il processo logico e valutativo seguito.