(Trascritto dalla rivista). Il Pronto Soccorso (PS) rappresenta l’epicentro attraverso il quale viene reso evidente il funzionamento del modello organizzativo complessivo del Servizio Sanitario Regionale. Tutte le eventuali inefficienze del sistema nel suo complesso hanno infatti delle ripercussioni dirette sul PS che si tramutano in un’eccessiva affluenza e sovraffollamento, proprio perché questa struttura catalizza e raccoglie tutti i fabbisogni e la domanda di salute che non hanno trovato appropriata risposta presso le strutture più idonee. Presso il PS infatti confluiscono, oltre ai casi appropriati, tutti quei pazienti che in genere rappresentano la parte fragile della popolazione (cronici, non autosufficienti, basso reddito, disabili, ecc.) che non hanno trovato adeguata assistenza territoriale in termini di presa in carico su un percorso terapeutico definito o in termini di bisogno di prestazioni specialistiche ambulatoriali o di diagnostica strumentale, o ancora, che percepiscono e identificano tale struttura quale unico approdo od interfaccia diretta per una soddisfazione rapida di cure primarie. Il PS inoltre risente e catalizza anche le carenze del modello organizzativo ospedaliero che si concretizzano palesemente in termini di incapacità ricettiva (per carenza di posti letto strutturale, per assicurare la continuità delle cure presso ospedali dedicati, per ri-ospedalizzazione a seguito di dimissioni entro periodi limitati, per cattiva gestione delle dimissioni protette o delle lungo degenze, o per altro ancora) o in termini di attrattività, fattori questi che determinano una conseguente mobilità attiva o passiva direttamente correlata alla qualità percepita del servizio di assistenza da parte del paziente e che trova spesso fondamento sull’esito stesso delle cure. Il documento ha preso in esame le criticità e le soluzioni prospettate dalle organizzazioni, dalle associazioni e dagli esperti in materia “rete dell’emergenza” intervenuti durante una riunione del tavolo tecnico regionale del 9 febbraio 2015 tenutasi presso il Consiglio Regionale del Lazio. Riassumendo in pochi punti i fattori determinanti della crisi dei PS laziali si individuano la carenza di letti disponibili (o strutturale o organizzativa) per i pazienti ammessi al ricovero, la difficoltà nell’accesso alle cure primarie e alla specialistica ambulatoriale, l’aumento del livello di complessità e di acuzie dei pazienti che si presentano al PS, i tempi di attesa eccessivamente lunghi ed il mancato governo delle liste di attesa, la percezione del PS quale unica struttura dedicata ad accogliere qualsiasi emergenza e soprattutto l’inadeguata gestione dell’utenza per tipologia, con specifico riferimento alle cronicità e alle non autosufficienze e alla relativa incapacità di presa in carico da parte del territorio. Sullo sfondo, mutamento ambientale e amplificazione di nuovi bisogni socio sanitari legati in gran parte al progressivo invecchiamento della popolazione e al contemporaneo impoverimento di alcune fasce che per necessità economiche (e impossibilità di rivolgersi alle prestazioni privatistiche spesso unica alternativa alla mancata accessibilità di quelle pubbliche) sono costrette o a rivolgersi al pronto soccorso (non a caso il 98% dei pazienti ha bisogno di inquadramento diagnostico) o addirittura a rinunciare alle cure. Il nuovo scenario vede infatti mutato il confine di patologia (sempre più spesso di carattere sociale) che diviene spesso cronicità, vede insufficiente e inadeguato il sistema di prevenzione anche nell’individuazione dei fabbisogni geo e sociografici, vede una metamorfosi sociale (deficit, qualità della vita peggiore, emarginazione, ecc.) che accentua il carattere ansiogeno dei ricorrenti al pronto soccorso. L’analisi proposta si avvale comunque di indicatori oggettivi tratti dai rapporti annuali del SIES e mette a confronto la situazione di affluenza e di appropriatezza dei ricoveri dell’anno 2012 (antecedente all’insediamento dell’attuale Giunta) con quella del 2015, valutando nello specifico, con apposite “matrici degli investimenti”, sia la capacità ricettiva e sia la capacità attrattiva dei singoli pronto soccorso e ospedali laziali, e cercando di identificare i fattori che determinano la mobilità dell’utenza. La giunta regionale in questi anni si è prevalentemente concentrata, per la risoluzione del problema, nel finanziare investimenti strutturali o nel finanziare l’aumento delle ambulanze, trascurando totalmente l’analisi del processo e del modello organizzativo riferiti ai distinti fabbisogni. Di fatto la situazione, malgrado i milioni spesi, è peggiorata. Essendo quindi la crisi dei PS fondata su due aspetti, l’inappropriatezza del ricorso all’emergenza e l’incapacità di risposta al bisogno di emergenza per i casi appropriati, nel documento vengono esplicate anche alcune proposte di risoluzione che vanno dall’avviare automaticamente il processo di presa in carico da parte del MMG e il relativo processo assistenziale del cronico a seguito di accesso inappropriato presso il pronto soccorso, dalla riqualificazione del ruolo stesso del MMG in termini di responsabile di processo, dalla risoluzione dell’offerta territoriale in termini di specialistica ambulatoriale con conseguente abbattimento delle liste di attesa, dalla gestione dell’intramoenia mediante pianificazione e controllo delle prestazioni istituzionali, dal controllo dell’appropriatezza del ricovero ospedaliero, dal miglioramento dell’attrattività e della capacità di accoglienza delle strutture, per arrivare infine alla teorizzazione della rimodulazione della rete per l’emergenza valutando anche la possibilità di inserire geolocalmente una capillarizzazione di Moduli Territoriali per l’Emergenza (MET) adibiti essenzialmente all’intervento in tempi rapidi (gestione locale 118) e alla succedanea stabilizzazione del paziente, per poi procedere solo successivamente al ricovero in elezione.
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